contatore visite free skip to Main Content
info@salernoeconomy.it

Che giorno fa

Podcast

podcast-salerno-economy

La notizia del giorno »



Per gli economisti Marco Buti e Marcello Messori, su Il Sole24 Ore, la Ue deve modificare profondamente il suo modello di governance per approfittare della possibilità dell’approccio tecnologico allo sviluppo. La proposta garantita dalla transizione digitale e dalla spinta alle nuove tecnologie dovrà poggiarsi sulle priorità definite da Draghi e Letta; ci sarà bisogno, però, di un modello decisionale più in grado di neutralizzare i veti che impediscono la nascita del mercato interno, la nuova politica fiscale per i beni comuni europei (Difesa in particolare) e la completa affermazione dell’unione monetaria integrata. Se si perde la velocità prevista dal modello di riferimento, si perde un’occasione storica prevista dalle ipotesi per il rilancio della produttività dell’Europa. L’Italia e le altre nazioni fondatrici hanno la necessità di liberarsi delle nazioni ostili al processo di federalismo necessario alla sviluppo del continente se vogliono restare nella storia del secolo che viene. Questa è la solo ipotesi in campo.
Nel suo libro - “Miseria e Nobiltà d’Italia, dialoghi sullo stato della Nazione”, Sabino Cassese - indossando i panni di un europeista convinto, ci presenta, invece, un processo evolutivo dell’Europa con molte probabilità di evoluzione, appunto. Egli abbandona il ragionamento basato sulla cinematica delle variabili chiave ed articola un ragionamento politico di evoluzione istituzionale che può affrettarsi anche lentamente, rinunciando alle ipotesi dello sviluppo globale poggiate sul rilancio della produttività spinta dalle tecnologie. Per il Prof. Cassese il primo punto riguarda il concetto di democrazia tra gli stati democratici che hanno aderito all’Unione, la democrazia istituzionale non è un meccanismo ma un organismo complesso. In questa visione, l’organismo rimane vitale se è in grado di curarsi; la vitalità del Parlamento, la vitalità della Commissione e la vitalità del Consiglio dei capi di Stato è ancora misurabile, in termini di costruzione progressiva; anzi, per Cassese è la costruzione progressiva che ha aumentato il suo carattere composito e complesso; essa risponde meglio ai temi della vera complessità che ci circonda, connessa alla metamorfosi della globalizzazione. Oltre ai poteri esecutivi della Commissione, altri organismi segnalano la vitalità a cui si è accennato.
(continua)
Continua

L'altra notizia »



Decisa la riduzione del livello delle perdite, il miglioramento della funzionalità delle reti per una gestione ottimale della risorsa idrica a tutela dell’ambiente e dei cittadini, il contenimento dei costi per un ulteriore miglioramento degli indicatori generali di qualità tecnica dell’Arera. “I cittadini, insomma, beneficeranno di un servizio di fornitura idrica caratterizzato da livelli di eccellenza nella continuità e nella qualità. Anche e soprattutto sotto il profilo delle caratteristiche della risorsa idropotabile erogata”, con questa dichiarazione il sindaco di Ascea, Pietro D’Angiolillo, commenta la realizzazione degli oltre 3,3 chilometri di nuova condotta di distribuzione idrica in pead su diverse strade di competenza comunale: via A. Mautone, via Tempa del Niglio, via Fontana Palella, via Vallone Cupo, via Tempa delle Case, via Santa Maria del Colle. L’individuazione dei tratti di rete da sostituire - spiegano da Consac - è il risultato di un percorso metodologico che parte da un’attenta analisi del comportamento dell’infrastruttura, dal controllo delle pressioni, dalla ricerca delle perdite e da attività che integrano la fase di digitalizzazione con il rifacimento di tratti di rete a più alto grado di obsolescenza”.
(Ufficio Stampa Consac*/Vallo della Lucania-17 aprile 2024)
*Consac gestioni idriche spa è il soggetto gestore del servizio idrico integrato per 56 Comuni compresi nell’area Cilento-Vallo di Diano.
Continua

GLOCAL di Ernesto Pappalardo »

Glocal-elezioni-politics-2361943_960_720

La campagna elettorale? Non interessa più, si vota e basta . . .

La questione è estremamente semplice: questo doppio appuntamento elettorale (regionali+europee), alla fine, delimiterà con chiarezza, sebbene sancendo la netta riduzione dei votanti o, per essere ancora più precisi, degli esprimenti il consenso sulla solidità degli schieramenti e dei partiti in campo, oltre che delle stesse politiche o politici, che siamo stati chiamati, soprattutto, a ribadire o a smentire il cambio di scenario che si è registrato nel nostro Paese: per dire, siamo transitati da un mondo all’altro, da un contesto socio/culturale all’altro, da un disegno politico all’altro? O non è andata proprio così? Insomma, siamo usciti dal draghismo, dal contismo, dal pandemismo, per andare a posizionarci nel destrismo: ma nulla è cambiato in termini di assetti globali, la politica quella che era intuibile in base a scelte ideologiche (e non solo strategiche) è andata in ferie da non poco tempo. E, quindi, anche attraverso la massiccia riduzione di votanti (come ampiamente riconosciuto non solo dalla Ue, ma da tanti altri attori specializzati), larga parte della “politica” e di tutto quanto gira intorno a questa definizione ormai appassita, è impegnata a rappresentare, in realtà, un qualche interesse: ambizioni personali, aspirazioni specifiche o veri e propri bisogni del votante, ma in maniera personalistica. Si è del tutto perso, quindi, quel tipo di schematismo ideologico che pure ha assicurato (o perlomeno ci ha provato a partire dagli anni 50’ fino alla metà dei 90’ almeno) una prospettiva di impegno, l’idea che il voto era, in ogni caso, utile. Fino a quando non è diventato più così, e il voto si è trasformato come apporto, profondamente corteggiato e ambito, funzionale alla macchina del consenso. Un consenso, poi, non facilmente trasformabile in una prospettiva di crescita, di sviluppo di costruzione realistica di una realtà migliore. La politica, alla fine, è diventata identificabile in un sentiero da scalare per arrivare a una forma di successo, di benessere (basta guardare la ripartizione dei compensi per i consensi ottenuti), anche con un valore mobilitante. Ma, bisogna dirlo, nessuno più ci crede o ci può, motivatamente, stare a pensare in senso costruttivo, appendendosi alla motivazione dell’impegno per obiettivi: tutto, o quasi tutto, è svanito nella piega del nullismo che genera niente, che non cerca nulla. Perché si è impelagato nella mancanza strutturata di obiettivi, finalità, nella mobilitazione incompetente che riesce a mobilitare solo l’apparente impegno degli schieramenti.
(continua)

I numeri dell'economia »

Numeri Economia-Crisi congiunturale

Confcommercio, andamento “incerto” per l’economia

“La fotografia della nostra economia scattata dall’Ufficio Studi Confcommercio nella sua Congiuntura continua ad essere un po’ ‘sfuocata’. Infatti, pur vivendo un periodo complicato con tensioni forti sullo scenario internazionale, non mancano i segnali positivi provenienti soprattutto dal settore dei servizi e in particolare dal turismo estero. E poi a febbraio e a marzo gli indicatori della fiducia delle imprese, dell’occupazione, della produzione industriale e delle vendite al dettaglio hanno mandato segnali confortanti”.
In sintonia con i nuovi indicatori mensili “la stima di crescita per il primo trimestre del Pil è rivista al rialzo: +0,3% invece che lo 0,1% stimato nella precedente Congiuntura, con un andamento annuo che passerebbe da +0,3% a +0,5%”. Va poi evidenziato che “il raggiungimento di obiettivi medi annui attorno - ha detto il responsabile dell'Ufficio Studi Confcommercio Mariano Bella - all’1% resta difficile, ma per nulla impossibile. Secondo le nostre stime, ad aprile il Pil è atteso registrare, nel confronto con marzo, una crescita dello 0,1%. Su base annua la variazione si porterebbe all’1,2%”.
A marzo 2024 “l’Indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC) ha evidenziato una crescita dello 0,4% rispetto allo stesso mese del 2023. Il dato segue un bimestre che, stando alle ultime informazioni disponibili, ha mostrato un andamento più favorevole rispetto alle prime stime. L’incremento di marzo è sintesi di una crescita della domanda di servizi (+2,7% nel confronto annuo) a cui si è associata una flessione di quella di beni (-0,5%). Nella media del primo trimestre si rileva una variazione dell’1,1% (sul dato pesa inevitabilmente anche il diverso numero di giorni) con una crescita dei servizi del 2,9% e un incremento della domanda di beni dello 0,4%”.
(Fonte: confcommercio.it/20.04.2024)

Lo speciale »

Mario Draghi RaiNews

Mario Draghi progetta l’Europa che verrà

Per molto tempo la competitività è stata una questione controversa per l’Europa. Nel 1994, il futuro economista premio Nobel Paul Krugman definì l’attenzione alla competitività una “pericolosa ossessione”. La sua tesi era che la crescita a lungo termine deriva dall’aumento della produttività, che avvantaggia tutti, piuttosto che dal tentativo di migliorare la propria posizione relativa rispetto agli altri e acquisire la loro quota di crescita. L’approccio adottato nei confronti della competitività in Europa dopo la crisi del debito sovrano sembrava dimostrare la sua tesi. Abbiamo perseguito una strategia deliberata volta a ridurre i costi salariali gli uni rispetto agli altri e, combinando ciò con una politica fiscale prociclica, l’effetto netto è stato solo quello di indebolire la nostra domanda interna e minare il nostro modello sociale.
Ma la questione fondamentale non è che la competitività sia un concetto errato. Il fatto è che l’Europa ha avuto un focus sbagliato. Ci siamo rivolti verso l’interno, vedendo i nostri concorrenti tra di noi, anche in settori come la difesa e l’energia in cui abbiamo profondi interessi comuni. Allo stesso tempo, non abbiamo guardato abbastanza verso l’esterno: con una bilancia commerciale positiva, dopo tutto, non abbiamo prestato sufficiente attenzione alla nostra competitività all’estero come una seria questione politica. In un ambiente internazionale favorevole, abbiamo confidato nella parità di condizioni globale e nell’ordine internazionale basato su regole, aspettandoci che altri facessero lo stesso. Ma ora il mondo sta cambiando rapidamente e ci ha colto di sorpresa. Ancora più importante, altre regioni non rispettano più le regole e stanno elaborando attivamente politiche per migliorare la loro posizione competitiva. Nella migliore delle ipotesi, queste politiche sono progettate per reindirizzare gli investimenti verso le loro economie a scapito delle nostre; e, nel peggiore dei casi, sono progettati per renderci permanentemente dipendenti da loro.
La Cina.
La Cina, ad esempio, mira a catturare e internalizzare tutte le parti della catena di approvvigionamento di tecnologie verdi e avanzate e sta garantendo l’accesso alle risorse necessarie. Questa rapida espansione dell’offerta sta portando a un significativo eccesso di capacità in molteplici settori e minacciando di indebolire le nostre industrie.
Gli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti, da parte loro, stanno utilizzando una politica industriale su larga scala per attrarre capacità manifatturiere nazionali di alto valore all’interno dei propri confini - compresa quella delle aziende europee - mentre utilizzano il protezionismo per escludere i concorrenti e dispiegano il proprio potere geopolitico per riorientare e proteggere catene di approvvigionamento. Non abbiamo mai avuto un “accordo industriale” equivalente a livello Ue, anche se la Commissione ha fatto tutto ciò che era in suo potere per colmare questa lacuna. Pertanto, nonostante una serie di iniziative positive in corso, manca ancora una strategia generale su come rispondere in molteplici aree.
Le nuove tecnologie.
Ci manca una strategia su come tenere il passo in una corsa sempre più spietata per la leadership nelle nuove tecnologie. Oggi investiamo meno in tecnologie digitali e avanzate rispetto a Stati Uniti e Cina, anche per la difesa, e abbiamo solo quattro attori tecnologici europei globali tra i primi 50 a livello mondiale. Manca una strategia su come proteggere le nostre industrie tradizionali da un terreno di gioco globale ineguale causato da asimmetrie nelle normative, nei sussidi e nelle politiche commerciali. Un esempio calzante è rappresentato dalle industrie ad alta intensità energetica. In altre regioni, queste industrie non solo devono far fronte a costi energetici più bassi, ma devono anche far fronte a un minore onere normativo e, in alcuni casi, ricevono massicci sussidi che minacciano direttamente la capacità delle aziende europee di competere. Senza azioni politiche strategicamente progettate e coordinate, è logico che alcune delle nostre industrie ridurranno la capacità produttiva o si trasferiranno al di fuori dell’Ue.
(continua)

Podcast »

cover

FOCUS on »


di Ernesto Pappalardo

A riflettere bene sulle conseguenze dei lunghi anni della crisi recessiva - e su quelle che potrebbero derivare dal nuovo rallentamento in atto - la fisionomia del sistema economico e produttivo della provincia di Salerno, per la verità, non ne esce eccessivamente male. Si cristallizza in un paradigma ben saldo da diversi decenni in termini di segmentazione del valore aggiunto con una netta “propensione” verso i servizi, il turismo, la ristorazione, l’accoglienza (dichiarata o sommersa). Come in tutte le altre aree del Mezzogiorno (ed in larga parte d’Italia) il manifatturiero in senso stretto accusa difficoltà, ma risponde come può. E cioè con casi virtuosi di aziende export e green oriented che rappresentano una minoranza ben agganciata alle catene della produzione del valore nazionale (ed in parte internazionale), a fronte, però, di una maggioranza che si barcamena, naviga a vista ed è di nuovo alle prese con percorsi di accesso al credito difficili (e molto onerosi in termini di costi). La regressione degli investimenti pubblici, naturalmente, influisce negativamente con maggiore efficacia (se possibile) anche su quelli privati e va a finire che pure strumenti interessanti come la Zona Economica Speciale (che ingloba i porti di Napoli, Salerno e Castellamare di Stabia e le aree retro-portuali) - sebbene in attesa dell’attivazione definitiva delle corsie veloci in termini di semplificazione amministrativa e di credito d’imposta - risentono di uno scarso appeal soprattutto nei confronti di imprese provenienti dall’estero o da territori almeno extra-regionali.
Continua
Popup Plugin
Back To Top
Cerca